giovedì 23 gennaio 2014

gennaio 23, 2014

Fico d'india- dolcezza pungente

Fico d'india- dolcezza pungente

Prickly Pear
Fico d'india- dolcezza pungente
Gli ultimi giorni del fico d' india sono qui, come i mesi invernali si stanno avvicinando . Anche se non si sente come l'inverno è dietro l' angolo qui in Sicilia. Il nostro compagno colazione per molti mesi ci mancherà , ma noi guardare avanti per il nuovo anno e tutti i doni che questa terra ci benedirà con . Siamo stati avidi Fico D' india mangiatori , e chi non lo sarebbe dopo aver conosciuto tutti i benefici per la salute queste gemme colorate tengono .Questa pianta succosa preso facilmente e abbondantemente radici in Sicilia, in modo che è diventato una parte integrante del paesaggio , sia come elemento spontaneo nelle zone rocciose e nude , e piantato da uomini al fine di racchiudere le aziende agricole e pascoli o come una giacca a vento . La struttura fichidindia è una barriera spessa e insormontabile , per la sua steli sono formati da cladodi , o pastiglie , riproduce uno dall'altro per più di due metri . La loro consistenza coriacea e la superficie cerosa è armato con spine di corrispondenza meravigliosamente con il paesaggio luminoso del sud Italia , con il verde smeraldo del suo tronco , lo splendore spinosa dei suoi fiori , e la vivacità dei suoi frutti : rosso , magenta , arancione, giallo , e verde pallido coronamento della pianta come creste policromi . Incas e Aztechi conoscevano le proprietà nutritive e terapeutiche di fichi d'india e il pensiero di come una pianta sacra con forti values.They simbolico estratto un ricco patrimonio naturale scuro colorante rosso carminio . Basta estrarre carmine , nel 1500 i fichidindia sono state coltivate in Europa . Presto le altre proprietà erano apprezzati : l'elevato valore nutritivo per la presenza copiosa di minerali come calcio e fosforo e la quantità abbondante di vitamina C. Infatti grandi quantità di fichi d'India sono stati stoccati su navi per prevenire lo scorbuto durante lunghi attraversamenti .Estratto tratto da - Gusto di Puglia
Fico d'india- dolcezza pungente
Fico d'india- dolcezza pungente

Fico d'india- dolcezza pungente
Fico d'india- dolcezza pungente
 Fico d'india- dolcezza pungenteFico d'india- dolcezza pungente

gennaio 23, 2014

Il fico d’india, frutto del benessere

Il fico d’india, frutto del benessere

La Sardegna è una terra meravigliosa ricca di elementi naturali che possono essere utilizzati anche per il benessere.
Ad esempio il fico d’India, di cui la Sardegna abbonda, ha molteplici benefici sull’organismo umano. Già secoli fa gli abitanti del Sud America ne utilizzavano gli estratti per sfruttarne gli effetti dimagranti e drenanti e per tenere controllati i livelli di glicemia.Il fico d’india, frutto del benessere
È stato infatti dimostrato che l’assunzione di estratto secco di questa pianta determina una perdita di peso nei regimi alimentari ipocalorici. Anche il succo di questi frutti ha proprietà diuretiche e lassative. Il fico d’India è quindi ottimo per coloro che vogliono dimagrire poiché riduce l’appetito, influisce positivamente sull’accumulo di adipe e sull’indice glicemico e facilita il transito intestinale. Grazie alle fibre solubili contenute in gran quantità la pianta dà un senso di sazietà che placa il vuoto allo stomaco, inoltre le fibre di questo cactus favoriscono il transito intestinale e rigenerano la flora batterica consentendo di dimagrire più rapidamente e di assorbire meglio vitamine e minerali. Gli estratti delle foglie di fico d’India si trovano perlopiù in forma di capsule e vanno associate ad una dieta ipocalorico e ad un esercizio fisico moderato, ma regolare.
Il fico d’India che abbonda nelle assolate terre di questa magnifica isola che è la Sardegna fornisce ancora una volta un contributo al benessere e alla qualità della vita, valori che contraddistinguono questa terra unica.
gennaio 23, 2014

Fico D'India Coltivazione

È una tipica pianta aridoresistente che richiede temperature superiori a 0 °C, al di sopra di 6 °C per uno sviluppo ottimale. Temperature invernali prolungate al di sotto di 0 °C, pur non costituendo un fattore limitante per le piante selvatiche, deprimono l’attività vegetativa e la produttività delle piante in
coltura e possono portarle al deperimento.
È una pianta molto adattabile alle diverse condizioni pedologiche. I suoli idonei alla coltura hanno una profondità di circa 20-40 cm, sono terreni leggeri o grossolani, senza ristagni idrici, e con valori di pH che oscillano tra 5.0 e 7.5 (reazione acida, neutra o leggermente subalcalina). Dal punto di vista altimetrico, le superfici destinate alla coltivazione possono andare dai 150 ai 750 metri sul livello del mare.

La propagazione si attua per talea, si preparano tagliando longitudinalmente in due parti cladodi di uno due anni, che vengono lasciati essiccare per alcuni giorni e poi immessi nel terreno, dove radicano facilmente. La potatura, da eseguirsi in primavera o a fine estate, serve ad impedire il contatto tra i cladodi, nonché ad eliminare quelli malformati o danneggiati. Per migliorare la resa è opportuna una concimazione fosfo-potassica, preferibilmente organica.
La tecnica della scozzolatura, il taglio cioè dei fiori della prima fioritura, da eseguirsi in maggio-giugno, consente di ottenerne una seconda fioritura, più abbondante, con una maturazione più ritardata, in autunno. In base a tale consuetudine si distinguono i frutti che maturano già in agosto, cosiddetti agostani, di dimensioni ridotte, e i tardivi o bastardoni, più grossi e succulenti, che arrivano sul mercato in autunno.
La produzione degli agostani non necessita di irrigazione, che invece è richiesta per la produzione dei bastardoni.
In coltura irrigua si può ottenere una resa di 250-300 quintali di frutto ad ettaro.
Il panorama varietale della coltura è limitato sostanzialmente a tre cultivar che differiscono per la colorazione del frutto: gialla (Sulfarina), bianca (Muscaredda) e rossa (Sanguigna). La cultivar Sulfarina è la più diffusa per la maggiore capacità produttiva e la buona adattabilità a metodi di coltivazione intensiva. In genere vi è comunque la tendenza ad integrare la coltivazione delle tre cultivar, in modo da fornire al mercato un prodotto caratterizzato da varietà cromatica.

In Italia il 90% della superficie coltivata a fico d'India è localizzata in Sicilia, il rimanente 10% in Basilicata, Calabria, Puglia e Sardegna. In Sicilia, oltre il 70% delle colture si concentrano in 3 aree: la zona collinare di San Cono, il versante sud-orientale delle pendici dell'Etna e la Valle del Belice.
gennaio 23, 2014

Dualchi. Domenica la Sagra del Fico d'India



DUALCHI. La Pro Loco di Dualchi organizza, presso il Novenario di San Pietro, la 25^ Sagra del Fico D'India. Un importante appuntamento per il paese del Marghine, che da anni attira turisti e visitatori mettendo in vetrina “il frutto dei poveri”, rivelando le sue mille potenzialità e i molteplici prodotti che se ne possono ricavare.
La manifestazione prenderà il via alle ore 16, con la presentazione e la vendita dei dolci e della sapa, la degustazione del gelato al fico d'india e dei frutti freschi.
Alle 17 è prevista l'esibizione dei Boes e Merdules di Ottana e a seguire la dimostrazione pratica della preparazione della sapa.
Alle 20, cena a base di “zippulas de abba” e pecora alla vernaccia.
La serata proseguirà con la fisarmonica e i tradizionali balli sardi.
gennaio 23, 2014

Fico d'india dell'Etna, un fico d'india DOP

D)  Quando un prodotto ottiene il  riconoscimento DOP? 
Quando le sue caratteristiche sono inimitabili. Perchè ciò avvenga deve essere coltivato nelle zone descritte dal disciplinare. Le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un'area geografica ben delimitata.
D) Perchè quello dell'Etna è particolare.....
Il 90% dei fichi d'india che si coltivano in Italia, provengono dalla Sicilia e il rimanante 10 %  dalla Puglia, Calabria e Sardegna. Il Fico d'India, per vivere bene, diventare dolce e profumato, ha bisogni di ambiente molto siccittoso e questo  lo si trova facilmente in alcune zone della Sicilia, come la zona che circonda l'Etna.
D) Come fa  a vivere senz' acqua?
I Cladodi (le pale) sono ricoperti di una spessa cuticola cerosa e il parenchima è costituito da strati di cellule che fungono da riserva d'acqua. Questa pianta, come tutte le cactacee, è dotata di un particolare metabolismo fotosintetico, chiamato fotosintesi CAM, cioè l'assorbimento dell'anidride carbonica e la traspirazione avvengono di notte, quando la temperatura è più bassa e l'umidità più alta. Le perdite d'acqua per traspirazione, in questa maniera,  sono molto ridotte.
D) Perchè , quando cerchiamo di togliere le spine dalla nostra pelle, quasi sempre si spezzano?
Le piccolissime spine sono formate ad uncino, quindi si impiantano saldamente ed è sempre difficoltoso farle uscire.
D) Quanti tipi di fichi d'India esistono?
Tre, quello giallo, il più popolare e il più saporito. Quello rosso, di sapore più deciso e ricco di Betaleine(betaciani), coloranti naturali che servono anche per la nostra salute e bellezza. Infine, c'è quello bianco che è il più delicato. Anche la forma è diversa: c'è quello a barilotto, quello gigante, quello molto allungato e tutti hanno circa 300 semi all'interno.
D) Perchè ne parliamo a maggio?
Perchè fra un mese comincia la raccolta che continua fino a Natale, con i famosi bastardoni.. Prima di partire per i mercati, vengono despinati, in modo da evitare che le piccole spine finiscano nella nostra pelle.
gennaio 23, 2014

Piante grasse, Opuntia



Opuntia
Fioritura: primaverile o autunnale a seconda della specie
Impianto
Tipo di pianta: pianta grassa
Altezza max: sei metri nelle specie arbustive
Il genere Opuntia comprende centinaia di specie appartenenenti alla famiglia delleCactacee originarie delle zone desertiche dell’America meridionale e settentrionale; leOpuntia sono caratterizzate da ramificazioni cilindriche, globose o appiattite fino a diventare delle vere e proprie pale (cladodi) ricoperte di spine più o meno lunghe a seconda della specie, molto sottili e fastidiose.
fiori di Opuntia sono molto vistosi e sorgono sugli apici dei rami o intorno alle pale; alla fioritura segue, in alcune specie,  la comparsa di frutti carnosi commestibili. Il genere annovera specie di dimensioni molto diverse: dai 15 centimetri della deliziosa Opuntia microdasys ai 5-6 metri della specie arboree come il Fico d’India (Opuntia ficus indica).
Esposizione: le piante appartenenti al genere Opuntia crescono bene in posizione luminosa e ventilata; solo le piante adulte però tollerano il pieno sole, soprattutto quelle appartenenti alle specie più piccole.
Terreno: le opuntia si adattano bene a qualunque tipo di terreno; questo vale soprattutto per il Fico d’India che cresce bene anche nei terreni brulli e sassosi dei litorali del sud, mentre le Opuntia da vaso possono beneficiare di terriccio universale misto a sabbia e ghiaia.
Annaffiatura: le innaffiature devono essere molto modeste durante i mesi più caldi e nel periodo   invernale possono essere sospese del tutto.
Avversità: le Opuntia sono, nella gran parte dei casi, piante molto resistenti; tuttavia le annaffiature eccessive possono causare screpolature e croste sulla superficie della pianta che può subire anche l’attacco delle cocciniglie.
Concimazione: si concima una volta l’anno, in primavera, con fertilizzanti specifici per cactacee
Moltiplicazione: le Opuntia possono essere moltiplicate per semina o per talea di fusto. La moltiplicazione per talea consiste nel recidere con un coltello ben affilato e pulito una pala di almeno un anno e nel interrarla a una profondità pari all’incirca a 3/4 della loro lunghezza dopo averla lasciata asciugare per lameno una decina di giorni, meglio se dopo un trattamento funghicida. La messa a dimora può avvenire in piena terra  in vaso.
gennaio 23, 2014

Fico d’India, la pianta grassa commestibile

Tralasciamo per un momento i post dedicati al Natale e torniamo ad occuparci di piante grasse, rivolgendo la nostra attenzione ad una di quelle maggiormente conosciute ed apprezzate, vale a
Fico d’India, la pianta grassa commestibile
dire il Fico d’India (Opuntia ficus indica).
Appartenente alla famiglia delle Cactacee ed originario del Messico, il Fico d’India non è amato solo per la sua forma caratteristica e bella da vedere, ma anche per i suoi frutti saporiti e gustosi e per le sue pale commestibili.
La pianta è caratterizzata da fusti eretti formati da pale ovali, appiattite e spinose, lunghe dai 30 ai 70 centimetri. Da maggio a settembre produce infiorescenze molto vistose con colori che vanno dal bianco al giallo all’arancio, a seconda della specie. I frutti invece sono rappresentati al grosse bacche (i classici fichi d’India) ricoperte di spine, dal colore verde che si trasforma poi in arancio o in rosso vivo nel periodo della maturazione.
Generalmente il Fico d’India cresce all stato spontaneo, ma è possibile anche coltivarlo nel proprio giardino, impiantando una pala, dopo averla lasciata asciugare per una quindicina di ore. Allo stesso modo può essere coltivato in vaso, ma in questo caso dovremo accontentarci di una pianta di dimensioni ridotte e priva di frutti.
Come coltivare un Fico d’India? Le regole da seguire per una buona riuscita dell’operazione sono poche e semplici. Prima di tutto dovremo aver cura di porre la pianta in una posizione soleggiata, preferibilmente nei pressi di un muro che possa ripararla dalle intemperie invernali. In ogni caso, ricordiamo che l’Opuntia può sopportare anche temperature molto rigide (fino a   -10°C), adattandosi quindi a qualunque tipo di clima
L’innaffiatura deve essere regolare nei primi anni di vita (una volta al mese), mentre le piante adulte si accontentano dell’acqua fornita dalla pioggia e richiedono sostegno solo in caso di prolungata siccità.
Un ultimo consiglio per i principianti del giardinaggio: il Fico d’India è una  pianta bella da vedere ed utile per la nostra tavola, ma le sue spine potrebbero creare fastidiose irritazioni alla pelle. Maneggiare con estrema cura!
gennaio 23, 2014

Come sbucciare il fico d'India senza pungersi

Benvenuto autunno: stagione di frutta unica e speciale.

Il Fico d'India compare solo per pochi mesi l'anno e con i suoi colori e la sua dolcezza conturba molti palati. Il fico d'India è tra i pochi frutti che non subisce trattamenti chimici.

Ma come fare a sbucciarlo senza riempirsi le mani di spine?

Semplicissimo: servono una forchetta, un coltello e un tagliere

Come sbucciare il fico d'India senza pungersi


Prendete il fico con la forchetta, appoggiatelo sul tagliere e con il coltello tagliate le estremità.
Incidete la buccia per una profondità di 2-3 mm da capo a capo.

Inserire la punta del coltello nella fessura e con una leggera pressione aprite la buccia, sarà  molto semplice farla scivolare via dal frutto che resterà perfetto.


E come elimino i semi? 

Ogni frutto contiene fino a 300 semi, per eliminarli possiamo procedere in due modi:
frulliamo il frutto e poi filtriamo con un colino il succo oppure centrifughiamo il frutto, l'estrattore separa automaticamente i semi dal succo.



Il Fico d'India può essere consumato in molti modi e utilizzato in molte preparazioni grazie al suo sapore dolce e al colore dei suoi frutti: rossi, arancioni o bianchi.
Come sbucciare il fico d'India senza pungersi