È una tipica pianta aridoresistente che richiede temperature
superiori a 0 °C, al di sopra di 6 °C per uno sviluppo ottimale. Temperature
invernali prolungate al di sotto di 0 °C, pur non costituendo un fattore
limitante per le piante selvatiche, deprimono l’attività vegetativa e la
produttività delle piante in
coltura e possono portarle al deperimento.
coltura e possono portarle al deperimento.
È una pianta molto adattabile alle diverse condizioni
pedologiche. I suoli idonei alla coltura hanno una profondità di circa 20-40 cm,
sono terreni leggeri o grossolani, senza ristagni idrici, e con valori di pH
che oscillano tra 5.0 e 7.5 (reazione acida, neutra o leggermente subalcalina).
Dal punto di vista altimetrico, le superfici destinate alla coltivazione
possono andare dai 150 ai 750 metri sul livello del mare.
La propagazione si attua per talea, si preparano tagliando
longitudinalmente in due parti cladodi di uno due anni, che vengono lasciati
essiccare per alcuni giorni e poi immessi nel terreno, dove radicano facilmente.
La potatura, da eseguirsi in primavera o a fine estate, serve ad impedire il
contatto tra i cladodi, nonché ad eliminare quelli malformati o danneggiati. Per
migliorare la resa è opportuna una concimazione fosfo-potassica, preferibilmente
organica.
La tecnica della scozzolatura, il taglio cioè dei fiori
della prima fioritura, da eseguirsi in maggio-giugno, consente di ottenerne una
seconda fioritura, più abbondante, con una maturazione più ritardata, in
autunno. In base a tale consuetudine si distinguono i frutti che maturano già
in agosto, cosiddetti agostani, di dimensioni ridotte, e i tardivi o bastardoni,
più grossi e succulenti, che arrivano sul mercato in autunno.
La produzione degli agostani non necessita di irrigazione, che
invece è richiesta per la produzione dei bastardoni.
In coltura irrigua si può ottenere una resa di 250-300
quintali di frutto ad ettaro.
Il panorama varietale della coltura è limitato
sostanzialmente a tre cultivar che differiscono per la colorazione del frutto: gialla
(Sulfarina), bianca (Muscaredda) e rossa (Sanguigna). La cultivar Sulfarina è
la più diffusa per la maggiore capacità produttiva e la buona adattabilità a
metodi di coltivazione intensiva. In genere vi è comunque la tendenza ad
integrare la coltivazione delle tre cultivar, in modo da fornire al mercato un
prodotto caratterizzato da varietà cromatica.
In Italia il 90% della superficie coltivata a fico d'India è
localizzata in Sicilia, il rimanente 10% in Basilicata ,
Calabria , Puglia e Sardegna. In Sicilia, oltre il 70% delle
colture si concentrano in 3 aree: la zona collinare di San Cono, il versante
sud-orientale delle pendici dell'Etna e la Valle del Belice.
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